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19/01/2017: IL TAR BOLZANO SULLE DICHIARAZIONI DA RENDERE DELLA COOPTATA

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Il TAR Bolzano con la sentenza n. 354/2016 affronta la delicata questione della cooptazione, ribadendo ruolo e dichiarazioni da presentare da parte del'impresa cooptata.

............L’istituto della cooptazione è disciplinato dall’art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207 del 2010, il quale così recita: “Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da
quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell'importo complessivo dei lavori e che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati”. Le caratteristiche dell’istituto, ad avviso del Collegio, possono pertanto essere così riassunte: - l’impresa singola o ATI, definita dal legislatore “concorrente”, deve avere, di per sé, tutti i requisiti generali e speciali necessari a concorrere; - l’impresa cooptata, non definita dal legislatore “concorrente”, non deve avere tutti i requisiti generali e, quanto ai requisiti speciali, può possedere una qualificazione anche per categorie e classifiche diverse da quelle richieste dal bando; i lavori “eseguiti” dall’impresa cooptata non devono superare il 20% dell’importo complessivo dell’appalto; infine, l’impresa cooptata deve coprire con le classifiche relative alle qualificazioni possedute l’intero importo dei lavori “che saranno affidati”. La finalità dell’istituto è quella di consentire a imprese già qualificate nel settore dei lavori pubblici, “prive dei requisiti di cui ai commi 2 e 3 dello stesso D.P.R. n. 207 del 2010”, di partecipare alle gare, così maturando capacità tecniche in categorie di lavori diverse rispetto a quelle per le quali le stesse siano già iscritte, a condizione che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute dall’impresa cooptata sia almeno pari all’importo dei lavori da affidare alla medesima e che i lavori da eseguirsi non superino il 20% dell’importo complessivo (cfr. Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, 23 agosto 2016, n. 274; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1327 e Sez. V, 10 settembre 2012, n. 4772). L’istituto della cooptazione ha carattere eccezionale e derogatorio, non essendo richiesto alle imprese cooptate di possedere tutti i requisiti prescritti per le imprese facenti parte dei raggruppamenti di tipo orizzontale (come nel caso che ci occupa) o verticale, rispettivamente dai commi 2 e 3 del citato art. 92, requisiti che, in ogni caso devono essere tutti posseduti dalle imprese singole o facenti parte del raggruppamento temporaneo. Dunque l’idoneità complessiva del concorrente è garantita dal possesso dei requisiti da parte delle imprese singole o associate che già, ex se, sarebbero in grado di partecipare alla gara, a cui, secondo la previsione del legislatore, viene aggiunto un quid pluris, rappresentato dalle potenzialità, anche minime o eterogenee delle imprese minori cooptate, che comunque non può che aumentare la potenzialità complessiva del soggetto partecipante. Proprio alla luce di tali differenze e del carattere derogatorio e speciale dell’istituto e al fine di evitare che un uso improprio consenta l'elusione della disciplina inderogabile in tema di qualificazione e di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica, la scelta di associare un’impresa cooptata non può prescindere da una chiara, espressa ed inequivoca dichiarazione in tal senso da parte del concorrente, in assenza della quale l’indicazione di un’altra impresa deve essere sempre ricondotta alla figura generale dell’associazione temporanea (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic., 29 gennaio 2015, n. 83 e Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4277). Sempre in ragione del carattere speciale dell’istituto della cooptazione, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nella propria determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, ha chiarito che “l’impresa cooptata può eseguire i lavori, ma non assume lo status di concorrente; essa, di conseguenza, non può acquistare alcuna quota di partecipazione all'appalto e, quindi, non deve (e, in realtà, neppure può) dichiarare la propria quota di partecipazione al raggruppamento temporaneo” (cfr. punto 7.1.1 della suddetta determinazione). Anche l’orientamento della giurisprudenza, da alcuni anni prevalente e al quale il Collegio aderisce, ha affermato che “il soggetto cooptato non acquista lo status di concorrente, né assume quote di partecipazione all’appalto, non riveste la posizione di offerente (prima) e contraente (dopo) e non presta garanzie; infine non può né subappaltare, né comunque affidare a terzi la propria quota dei lavori” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1492; nello stesso senso, Cons. Giust. Amm. Sic., 23 agosto 2016, n. 274; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1327; Sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344; Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4278; TAR del Lazio, Roma, Sez. I, 16 giugno 2016, n. 6922; TAR Catanzaro, 23 marzo 2015, n. 554554; TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 12 marzo 2015, n. 780; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2014, n. 12288). In particolare, la giurisprudenza ha precisato che l’art. 92, comma 5, del citato D.P.R. n. 163 del 2006 permette a soggetti privi dei requisiti di qualificazione di partecipare alla fase di esecuzione di appalti pubblici di lavori, a determinate condizioni. La norma, tuttavia, non può essere interpretata estensivamente: le imprese cooptate possiedono, infatti, diritti e obblighi ridotti e limitati rispetto a un normale concorrente (sia esso singolo, sia in forma associata). Dunque la cooptazione non può essere uno strumento per partecipare a una gara senza avere i prescritti requisiti: il soggetto cooptato non può acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto, né prestare garanzie, al pari di un concorrente, né in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire. Diversamente, il soggetto cooptato deve essere considerato alla stregua di un membro di un raggruppamento temporaneo di imprese (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4278). Così inquadrato l’istituto della cooptazione e tornando al thema decidendum, il Collegio ritiene che la prescrizione contenuta nel punto 5.3, numero 1.4, lett.c), del bando integrale di gara si ponga in aperto contrasto con il citato art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207 del 2010 e con il carattere e la disciplina dell’istituto come sopra descritto. Invero, la clausola citata impone alle imprese cooptate di partecipare alla gara “nel rispetto delle modalità richieste alle imprese che compongono un raggruppamento…”, cioè richiede a dette imprese di presentare e sottoscrivere tutta la documentazione amministrativa, quella a corredo e quella relativa ai requisiti generali, al pari delle imprese che formano il raggruppamento temporaneo, “con la sola eventuale eccezione…dell’intestazione della cauzione”, costringendo le imprese cooptate a rivestire la parte di offerente (essendo tenute a sottoscrivere la domanda di ammissione e l’offerta), assumendo la veste di partecipanti al raggruppamento temporaneo. In altre parole, mentre il comma 5 del citato art. 92, impone alle imprese cooptanti il solo obbligo della qualificazione nella misura pari all’importo dei lavori che saranno loro affidati e il solo limite percentuale delle opere da eseguire, alla luce del carattere derogatorio dell’istituto, il bando impugnato costringe, invece, le imprese cooptate a dimostrare l’esistenza dei requisiti generali (non richiesti dal citato comma 5 dell’art. 92), ingenerando così confusione tra la figura dell’impresa cooptata e quella di impresa facente parte del raggruppamento temporaneo ai sensi dei commi 2 e 3 dello stesso art. 92. Come già sottolineato, il raggruppamento temporaneo e la cooptazione sono due istituti diversi per chiara volontà del legislatore: al raggruppamento cooptante viene richiesto di possedere tutti i requisiti per partecipare alla gara, mentre all’impresa cooptante solo i requisiti di qualificazione “anche per categorie e importi diversi da quelli richiesti nel bando”. Non è perciò consentito effettuare una commistione tra i due istituti: se, come nel caso in esame, il bando richiede anche all’impresa cooptata di sottoscrivere gli atti di gara, non si comprende infatti che differenza ci sia tra un’impresa mandante e un’impresa cooptata. Il legislatore, definendo “concorrente” solo l’impresa singola o in raggruppamento temporaneo intende distinguere chiaramente il ruolo dell’impresa mandante da quello dell’impresa cooptata. Per quest’ultima impresa il legislatore ha riservato un ruolo nella sola fase esecutiva della gara, coerentemente con la finalità dell’istituto, al di fuori del vincolo associativo di partecipazione. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, l’obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 163 del 2006 non può essere legittimamente esteso dal bando anche alle imprese cooptate, perché in aperto contrasto con l’art. 92, comma 5, dello stesso decreto, che è norma di carattere eccezionale, come più volte sottolineato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 6 maggio 2013, n. 2449 e Sez. III, 14 novembre 2012, n. 5758). La richiesta all’impresa cooptata di dimostrare il possesso di requisiti diversi da quelli prescritti dal comma 5 dell’art. 92 contrasta con il disposto e con la ratio della norma, fino a vanificarne la portata, posto che si traduce nella richiesta di requisiti che debbono essere posseduti dall’impresa mandataria e dalle imprese mandanti di un raggruppamento temporaneo orizzontale. Per dimostrare la confusione e commistione tra istituti che una clausola come quella impugnata può ingenerare nei concorrenti è sufficiente esaminare l’atto costitutivo del raggruppamento Astaldi e l’offerta presentata dallo stesso nella gara sub iudice...............