CERCA GLI ARTICOLI

16/10/2017: RIBASSO IN LETTERE ILLEGGIBILE ED ERRORE FORTUITO

Il TAR Puglia con la sentenza 954/2017 ha approfondito la questione dell'errore fortuito e la sua applicabilità all'offerta.



Nel “verbale di riunione Commissione del 30 marzo 2017”, la Commissione giudicatrice, riunitasi a seguito della diffida proposta dal ricorrente, dopo aver ammesso che “effettivamente si denota, ictu oculi, poca intelligibilità della offerta riportata in lettere dovuta a grafia poco chiara, che può prestarsi ad una lettura poco univoca da parte dei membri della commissione”, ritiene trattarsi di errore materiale, escludendo che, nel caso di specie, possa ricorrersi al c.d. soccorso istruttorio.

Sul punto, il Collegio ritiene sia doveroso compiere qualche premessa teorica generale sul c.d. “errore materiale”.

La giurisprudenza sul punto è consolidata nel definire l’“errore materiale” come quello frutto di una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculidal documento stesso (cfr. ex multis e tra le più recenti Cons. Stato, Sez. V, 23 marzo 2017, sent. n. 1320; Cons. Stato, Sez. V, 13 ottobre 2016, sent. n. 1699).

Ciò che caratterizza l’errore materiale è, dunque, la circostanza che questa divergenza debba emergere in maniera evidente, senza alcun bisogno che vengano compiuti ulteriori indagini finalizzate alla ricostruzione della volontà del dichiarante, il cui contenuto, nonostante l’errore, deve rimanere individuato ed individuabile, con certezza, da chiunque si appresti alla lettura e comprensione dell’atto.

Nel caso di specie, tuttavia, il Collegio ritiene non potersi ravvisare un errore materiale.

Infatti, nel provvedimento adottato dalla Commissione giudicatrice, che risulta insanabilmente contraddittorio, si precisa che l’offerta in lettere “può prestarsi ad una lettura poco univoca” e che ciò che si riesce a comprendere dell’offerta redatta in lettere è semplicemente la dicitura “….virgola sessantapercento”.

Pacificamente, dunque, la Commissione ammette di non riuscire a comprendere - se non mediante il riferimento all’offerta espressa in cifre - cosa sia scritto dinnanzi a tale dicitura, riconoscendo di non essere nella oggettiva condizione di valutare quale sia il valore dell’offerta redatta in lettere.

Cionondimeno, a ben guardare, le valutazioni espresse dalla Commissione portano ad allontanarsi, concettualmente oltreché giuridicamente, dalla categoria dell’errore materiale, riconducibile, come accennato, a quelle ipotesi in cui la volontà del dichiarante - rectius offerente - risulti in maniera chiara ed inequivoca.

L’impossibilità di ricondurre l’incomprensibilità dell’offerta espressa in cifre alla categoria dell’errore materiale, paradossalmente, viene confermata dalla stessa Commissione, nel momento in cui, nel provvedimento in esame, viene richiamato, l’art.15 della lex specialis, il quale stabilisce che “in caso di discordanza tra il ribasso indicato in cifre e quello in lettere prevale quello più vantaggioso per l’Amministrazione”.

Tuttavia, la Commissione non spiega - né avrebbe mai potuto spiegare, considerato quanto suesposto - come sia possibile ritenere che il ribasso espresso in cifre, pari all’11,60%, sia certamente più vantaggioso di quello espresso in lettere, posto che la stessa, due pagine prima, ha candidamente ammesso di non riuscire a comprendere quale effettivamente sia l’ammontare di quest’ultimo; con la conseguenza che, in ipotesi, potrebbe essere proprio l’offerta formulata in cifre - ancorché incomprensibile - quella più vantaggiosa per l’Amministrazione.

Questa circostanza è palesemente sintomatica della impossibilità di ravvisare nel caso di specie l’errore materiale, stante la assoluta e incontestabile indecifrabilità, inintelligibilità ed oscurità della volontà espressa dall’offerente.

Ciò porta a ritenere che con la valutazione consacrata nel provvedimento impugnato, la Stazione Appaltante, in concreto, abbia dato luogo o ad una manipolazione dell’offerta espressa in lettere proposta dalla prima classificata - attribuendole un valore inferiore o analogo a quello espresso in cifre - o, comunque, giungendo ad una regolarizzazione della stessa, sanandone la irregolarità mediante il riferimento all’offerta espressa in cifre.

In entrambe i casi, il modus operandi utilizzato dalla P.A. risulta sicuramente illegittimo, in quanto palesemente in contrasto con la normativa di settore e in palese violazione della par condicio fra i concorrenti.

Sull’argomento, consolidata giurisprudenza ha ribadito che non possa «consentirsi alle commissioni aggiudicatrici la modifica di una delle componenti dell’offerta sostituendosi, anche solo parzialmente, alla volontà dell’offerente e interpretando la sua stessa volontà frutto di scelte insindacabili» (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 13 novembre 2015, n. 10; ma cfr. in tal senso ex multis Cons. Stato Sez. III, sent. 17 luglio 2012 n. 4176; id. 26 marzo 2012 n. 1699).

Peraltro, a ulteriore conferma dell’illegittimità dell’ageredell’Amministrazione resistente, giova rilevare che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella sentenza del 13 novembre 2015 n. 10, pronunciandosi sulla portata dell’ormai abrogato art. 119, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, abbia formulato un principio di carattere generale, pienamente applicabile al caso di specie, in forza del quale in caso di contrasto o discrasia tra offerta espressa in lettere e quella espressa in cifre, sia destinata a prevalere l’offerta espressa in lettere.

Infatti, il massimo consesso della Giustizia Amministrativa ha sottolineato che «il criterio della valorizzazione del prezzo indicato in lettere risponde ad un’esigenza di certezza tanto per i concorrenti, quanto per la stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 1 ottobre 2013 n. 4873; id., Sez. V, 12 settembre 2011, n. 5095)» e si è poi soffermato sull’importanza preminente della scritturazione dell’offerta espressa in lettere, la quale richiede - da parte del concorrente - una maggiore ponderazione rispetto alla scritturazione materiale di quella espressa in cifre.

Tale affermazione, secondo l’Adunanza Plenaria «lungi dall’essere un’ipotesi astratta e soggettiva, trova riscontro anche in altri ambiti dell’ordinamento (art. 6 r.d. n. 1669 del 1933 e art. 9 r.d. n. 1736 del 1933), a dimostrazione della volontà di attribuire rilievo ad un’esigenza di certezza ed affidamento dei destinatari dei documenti su cui vengono apposti gli importi in cifre ed in lettere.

A ben vedere, la stessa necessità di indicare anche in lettere un determinato importo, implica, a monte, la possibilità di errori di scritturazione della somma in cifre: non risponderebbe ad un criterio di ragionevolezza, ricostruire l’effettiva volontà dello scrivente in modo differente a seconda della tipologia dell’ambito in cui ci si trova; la priorità, in tal senso, attribuita all’indicazione dell’importo trascritto in lettere, consente di porre un criterio univoco ed imparziale, idoneo a superare ogni tipo di contrasto esegetico.».

Per questi motivi deve escludersi che l’Amministrazione resistente avrebbe potuto ricostruire l’effettiva volontà del concorrente riferendosi sic et simpliciter alla offerta espressa in cifre, giustificando, così, il ricorso alla categoria dell’errore materiale.

Difatti, l’offerta espressa in lettere ha come obiettivo proprio quellodi garantire e tutelare la certezza e l’affidamento sia della Stazione appaltante sia degli altri concorrenti in merito alle offerte presentate in sede di gara, e tanto impediva in nuce all’Amministrazione resistente di considerare valida l’offerta proposta dalla ditta Dipergola Francesco.

Dunque, per i motivi suesposti l’offerta espressa in lettere deve considerarsi tamquam non esset, con la conseguenza che la Stazione appaltante avrebbe dovuto escludere l’offerente.

Infatti, l’art. 83 d.lgs. 50/2016, comma 9, non ammette la possibilità di sanare la «mancanza, incompletezza e […] ogni altra irregolarità essenziale degli elementi afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica»; precisando, altresì, che «costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa», con la conseguenza che in caso di offerta in lettere illeggibile e incomprensibile, come di fatto verificatosi nel caso di specie, il concorrente vada escluso dalla procedura, come confermato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lazio, 23 gennaio 2017, n. 34).

Ad abundatiam, il Collegio ritiene perlomeno anomalo che l’offerente - circostanza non contestata in atti, ma addirittura confermata nella perizia tecnica di parte - nella parte finale dell’offerta espressa in lettere abbia scritto “…percento virgola sessanta”.

Infatti, la dicitura italiana corretta avrebbe dovuto essere “… virgola sessanta percento”, dovendosi riferire il valore percentuale tanto al numero intero quanto a quello decimale.

A ben guardare, una circostanza del genere non pare assolutamente riconducibile alla presunta disgrafia di cui, secondo il consulente tecnico di parte, risulterebbe affetto il sig. Pasquale Dipergola.

Difatti, come risulta dalla perizia di parte, la disgrafia potrebbe semplicemente giustificare, in ipotesi ed in astratto, la personalizzazione del corsivo scolastico da parte dello scrivente, ma non anche l’anteposizione del lemma “percento” a quello“sessanta”.

Una siffatta anomalia idiomatica non può passare inosservata nel caso di specie ed induce, ancora una volta, a qualificare l’offerta come affetta da una “irregolarità essenziale”, a causa della quale non è possibile individuarne con certezza il suo contenuto; si tratta, a ben guardare, di una irregolarità che impedisce, in maniera incontestabile, di valutare quale fosse la effettiva ed originaria volontà dell’offerente.

Infatti, a causa della anomala formulazione dell’offerta espressa in lettere non è dato comprendere se nel ribasso percentuale vada incluso anche il valore decimale o meno, con l’immediata conseguenza che, ex art. 83 comma 9 d.lgs. 50/2016, il concorrente avrebbe dovuto essere escluso dalla stazione appaltante.

Inoltre, la formulazione dell’offerta espressa in lettere fa sorgere ragionevoli dubbi sul carattere genuino della stessa, posto che riesce oggettivamente difficile spiegare e comprendere perché il lemma “percento” sia stato anteposto a quello “sessanta”, considerando, peraltro, che la controinteressata non ha fornito in atti alcuna delucidazione sul punto, nonostante l’argomento sia stato sollevato dalla ricorrente.

Per tutti i motivi suesposti il ricorso principale deve essere accolto in quanto fondato nel merito delle argomentazioni in esso svolte.