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ONERI SICUREZZA AZIENDALI SOLO PER SERVIZI E FORNITURE

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Lo ha affermato la Sezione Quinta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4964 del 9 ottobre 2013, riformando la sentenza del TAR, ritenendoche il quadro normativo di riferimento conduce ad escludere che le imprese partecipanti a procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici siano tenute ad indicare nella propria offerta, a pena di esclusione, gli oneri per la sicurezza aziendale. , ribadendo che, con specifico riguardo alle modalità di verifica dell'adeguatezza di detti oneri - operazione che ovviamente va effettuata per tutti i contratti pubblici ai sensi dell'art. 86, comma 3-bis - occorre distinguere:
  • i lavori da una parte
  • ed i servizi e forniture dall'altra.
Solo per questi ultimi l'art. 87, comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006, impone infatti uno specifico obbligo dichiarativo alle imprese concorrenti, laddove per i lavori si deve invece fare riferimento alla quantificazione effettuata dalla stazione appaltante

WHITE LIST: ANAC CHIEDE L'OBBLIGATORIETA'

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con l'Atto di Segnalazione n. 1, del 21 gennaio 2015 inviata al Governo, l'ANAC chiede espressamente che l'iscrizione alla White List dovrà essere obbligatoria per la partecipazione alle gare d'appalto, chiedendo una modifica della legge n. 114/2014.

"L'Autorità Anti Corruzione ................. intende formulare alcune osservazioni in merito alla disciplina delle verifiche antimafia da effettuarsi obbligatoriamente mediante la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (White List), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 52 della legge  6 novembre 2012, n. 190 (legge anticorruzione), come sostituito dall’art. 29, comma 1, d.l. 90/2014."

Danilo Esposito

SANZIONE: DETERMINA ANAC "SECONDO APPROFONDIMENTO"

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La Determinazione n. 1, dell’8 gennaio 2015 Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che dovrebbe chiarire i criteri interpretative della nuova sanzione, a a pagina 8 capitolo 1. recita

"La sanzione individuata negli atti di gara sarà  comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso  istruttorio; essa è correlata alla sanatoria di tutte le irregolarità  riscontrate e deve pertanto essere considerata in maniera onnicomprensiva."

Sottolineando l'arma letale che il legislatore ha dato ad ogni ente, l'Anac almeno ha sottolineato la non obbligatorietà della sanzione, un minimo di sollievo.

Danilo Esposito

TAR LAZIO: ERRORE PROFESSIONALE LETT. F DELL'ART. 38

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"E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto in favore di una ditta che, in sede di domanda di partecipazione alla gara stessa, ha omesso di dichiarare di essere stata destinataria di un provvedimento di decadenza, ex art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del 2006, adottato in precedenza da un’altra P.A.."

il TAR Lazio, con sentenza n. 165/2015 che ha precisato come la disposizione dell’art. 38 «demanda alla stazione appaltante la valutazione circa il rilievo dell’errore professionale compiuto dall’impresa che aspira alla stipula del contratto, in modo da accertarne l’affidabilità professionale mediante un apprezzamento necessariamente discrezionale; l’impresa partecipante alla gara deve pertanto presentare una dichiarazione esauriente, che permetta alla stazione appaltante una valutazione informata sulla sua affidabilità, salva la possibilità per l’impresa stessa di impugnare l’eventuale esclusione che ritenga ingiustificata.» 

Danilo Esposito

APPALTI PUBBLICI: 2014 DA RECORD

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Nel corso del 2014 sono state 15.755 le gare bandite pari ad un importo complessivo di quasi 20 miliardi di euro secondo i dati Ance. 

Rispetto al 2013 sono circa 3.700 bandi in più pari al +30%, per un aumento di 3 miliardi di euro pari a 18% in più.

A livello territoriale il maggiore aumento c'è stato al Sud e nel Centro, mentre al Nord si registra ancora una riduzione nell’importo. 

Danilo Esposito

SANZIONE: PRIMA DETERMINA DELL'ANAC

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In una Determinazione i criteri interpretativi dei nuovi commi 2-bis e 1-ter, rispettivamente degli artt. 38 e 46 del Codice dei contratti.



Pubblicata la Determinazione n. 1 del 2015 con cui si forniscono, in tema di soccorso istruttorio, i criteri interpretativi delle nuove disposizioni introdotte dall’art. 39 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, relativamente alle autodichiarazioni sui requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti (art. 38, comma 2-bis del Codice) e sui documenti e le informazioni complementari da produrre a corredo dell’offerta (art. 46, comma 1-ter del medesimo Codice).


ART. 38: SOLO DIRETTORE TECNICO PREPOSTO PER IL SETTORE DELL'APPALTO

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La dichiarazione del direttore tecnico è obbligatoria per i soli soggetti preposti al settore operativo nel quale la commessa si iscrive. 
Sul punto si segnala la recente sentenza n. 35 del Consiglio di Stato, Sez. V, del 12 gennaio 2015 con la quale il Collegio ha precisato non solo che «i direttori tecnici tenuti a rilasciare la dichiarazione sostitutiva prevista dall'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 sono solo quelli che rivestono tale posizione rispetto al settore operativo nel quale la commessa si iscrive e non anche tutti i preposti tecnici a settori di attività in qualsiasi modo implicate nell'attività esecutiva dell'appalto» ma anche che «tale principio opera non solo nel caso di appalti di lavori pubblici, ma anche nel caso di appalti di servizi, atteso che anche in materia di servizi la posizione di direttore tecnico può trovare applicazione, nei congrui casi, ai fini della soggezione agli obblighi previsti dall'art. 38». 

LEGGE DI STABILITA' 2015: SPLIT PAYMENT=MENO LIQUIDITA' PER LE AZIENDE

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Lo "split payment" inserito nella Legge di Stabilità per il 2015  prevede che le Amministrazioni non paghino più alle aziende l'IVA sulle fatture ricevute per forniture di beni e servizi, ma che la versino direttamente all'erario. La conseguenza sarà che le aziende avranno seri problemi di liquidità.

L'art. 1, comma 629, lett. b) della Legge di Stabilità modifica il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, inserendo prima dell'art. 18 il seguente:

Art. 17-ter - Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici - 1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell'articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze".


Sul sito del M5S viene riportato il seguente esempio.
Un'azienda fattura alla P.A. un imponibile di 10 milioni di euro.
Supponiamo che la stessa azienda abbia un'IVA a credito di 1 milione di euro. Prima dello split payment, come previsto dal D.P.R. n. 633/1972, l'azienda avrebbe dovuto versare 1 milione e 200 mila euro da versare all'erario (2 milioni e 200 mila euro - 1 milione di euro).
Con lo split payment l'azienda dovrà versare comunque l'IVA di 1 milione di euro ai suoi fornitori, ma non incasserà più i 2 milioni e 200 mila euro, con la conseguenza che sarà esposta finanziariamente per 3 milioni e 200 mila euro. La conseguenza sarà che con i tempi biblici, la burocrazia e l'assenza dei decreti attuativi per sapere come avere in compensazione o avere in rimborso i 2 milioni e 200 mila euro.



Danilo Esposito



COSTI DEL PERSONALE, ATTO TERZO: L’ULTIMA INTERPRETAZIONE. di Alessandro Vetrano

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da NordEstAppalti
Con la sentenza n. 32 del 12 Gennaio 2015, la Quinta sezione del Consiglio di Stato torna sulla vexata quaestio afferente l’applicabilità (rectius, #applicazione) della norma sul costo del personale.
I fatti agitati nella sentenza in commento muovo dalla prima versione della sfortunata previsione normativa di cui all’art. 81, comma 3-bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, introdotta per effetto dell’art. 4, comma 2, lett. i-bis) del D.L. 13 maggio 2011 n. 70 e susseguentemente abrogata per effetto dell’art.44, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 (norma, attualmente, riprodotta nell’art. 82, comma 3-bis del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163) e si incentrano sull’asserita violazione, da parte delle imprese concorrenti alla procedura, dell’obbligo di indicazione del ribasso al netto delle spese di cui all’anzidetta previsione (spese relative al costo del personale).
L’appellante contesta alla Stazione Appaltante la mancata corretta applicazione della disposizione in sede di valutazione dell’offerta economica, per non aver escluso dalla gara i concorrenti che avevano omesso tale deduzione.
A tal riguardo il massimo consesso della giustizia amministrativa, muovendo dalla sentenza di primo grado (TAR Puglia, Lecce, Sez. III, n. 150 del 25/01/2012), ha osservato che
Qualora si prediliga, come ritiene opportuno il Collegio, una lettura sostanziale della norma, la stessa deve considerarsi meramente impositiva dell’obbligo, per le stazioni appaltanti, di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera. Conseguentemente il ribasso offerto può essere giustificato, in fase di verifica dell’anomalia dell’offerta, da una organizzazione imprenditoriale più efficiente e dall’impiego di attrezzature che rendano il lavoro della manodopera più produttivo ma tutelando al contempo il costo del personale
Il Collegio di Palazzo Spada evidenzia come l’interpretazione del giudice di prima istanza è identica nella sostanza a quella fornita dall’AVCP nel proprio Documento di Consultazione “Prime indicazioni: tassatività delle clausole di esclusione e costo del lavoro”, e ribadisce che tale indirizzo è persuasivo e condivisibile. Inoltre, osserva come la novella introduttiva della disposizione sul costo del personale non abbia modificato la disciplina contenuta nell’art. 87, comma 4, del D.Lgs. 163 del 2006, la quale, solo con riferimento ai costi relativi alla sicurezza, espressamente dispone che gli stessi “devono essere specificamente indicati nell’offerta”.
L’assenza di una consimile previsione di tal tipo anche con riferimento ai costi del lavoro è circostanza che non può essere pretermessa nello scrutinio di legittimità degli atti impugnati, posto che “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” e che nella specie il legislatore ha – per l’appunto – taciuto.
Pertanto, ad avviso di chi scrive, dalla sentenza in commento si possono ricavare i seguenti indirizzi operativi:
  • la normativa in questione NON impone l’indicazione separata, nel bando di gara, dei costi afferenti il personale;
  • la Stazione Appaltante, invero, può prevedere che tali costi siano indicati dal concorrente nella propria offerta economica;
  • il controllo può essere svolto durante il sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
  • in tale fase la Stazione Appaltante valuta che l’offerta presentata non nasconda eventuali ribassi sui costi del personale, i cui parametri di riferimento sono “i minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.