Consiglio di Stato 05427/2018
5.1.- Importa, in proposito,
evidenziare che il regime dei concorsi stabili, con particolare riferimento al
criterio del c.d. cumulo alla rinfusa, si palesa - nella fase di transizione
dal previgente d. lgs. n. 163/2006 all’attuale Codice dei contratti – piuttosto complessa, incerta e travagliata,
accompagnata com’è da un non perspicuo e persino confuso regime transitorio che
ha visto comprensibilmente elaborare difformi intendimenti della giurisprudenza
di prime cure (significativo, come si dirà, il contrasto maturato tra la
sentenza oggetto della odierna impugnazione e la difforme ricostruzione operata
da T.A.R. Lazio, Sez. I quater, 25 gennaio 2017, n. 1324 e, per
vario rispetto, da T.A.R. Campania – Napoli, sez. I, 28 giugno 2017, n. 3507).
5.1.- Come è noto, la figura
del consorzio stabile è
stata inizialmente prevista e regolata dall'art. 10, comma 1, lett. c), della L. 11 febbraio 1994, n. 109, frutto,
come non si è mancato di notare, di una “tipizzazione normativa” del fenomeno
della cooperazione tra imprese, che ha visto maturare nel tempo il
riconoscimento delle associazioni temporanee di imprese e dei consorzi di
cooperative di produzione e lavoro regolati dalla L. 25 giugno 1909, n. 422,
con l'art. 20, L. 8 agosto 1977, n. 584, e la disciplina dei consorzi ordinari,
con L. 17 febbraio 1987, n. 80.
L'art. 36, comma 1 del d. lgs.
12 aprile 2006, n. 163 definiva consorzi stabili “quelli […] formati
da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi
deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei
contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non
inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.
Il comma 7 dello stesso articolo
prevedeva che il consorzio stabile si qualificasse “sulla
base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”, con
ciò prefigurando una eccezione alla regola generale posta dall'art. 35, a mente
del quale “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria [dovessero] essere
posseduti e comprovati dagli stessi, secondo quanto previsto dal regolamento,
salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi
d'opera, nonché all'organico medio annuo, che [avrebbero dovuto
essere] computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle
singole imprese consorziate”.
5.2.- Era, in siffatto contesto,
opinione diffusa, soprattutto in ambito dottrinale, che tale disciplina fosse
da riferirsi esclusivamente agli appalti di lavori (del resto,
il citato comma 7 dell’art. 35 disciplinava l'acquisizione della qualificazione
con riferimento alle categorie di opere generali o specialistiche nonché alle
prestazioni di progettazione e costruzione, con ciò riproducendo la disposizione
di cui all’art. 20 del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, così come sostituito
dall'art. 1 del d.P.R. 10 marzo 2004, n. 93, recante, per l’appunto, il “Regolamento
per l'istituzione di un sistema di qualificazione unico dei soggetti esecutori
di lavori pubblici”): donde l’intendimento che, in materia di servizi e di
forniture, dovesse valere, anche per i consorzi, la regola generale.
Tale opinione trovava, del
resto, un qualche positivo conforto anche nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207,
recante il Regolamento di esecuzioneed attuazione del codice
degli appalti (espressamente richiamato dall’art. 36, commi 2 e 3, in relazione
alle “condizioni e i limiti alla facoltà del consorzio di eseguire le prestazioni anche tramite
affidamento ai consorziati”, al “sistema di qualificazione” e ai “partecipanti”),
il quale dedicava due (distinte) disposizioni alla qualificazione dei consorzi
stabili: a) l’art. 94, relativo ai lavori; b)
l’art. 277, relativo ai servizi e alle forniture. Quest'ultimo articolo, in
particolare, dichiarava applicabili ai consorzi per servizi e forniture i soli
commi 1 e 4 dell'art. 94 (che, rispettivamente, autorizzavano l’esecuzione “con
la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara” e
prefiguravano l’attribuzione pro quota dei requisiti in caso
di scioglimento): non anche il comma 2, il quale - con evidente riferimento
alla ridetta regola posta dal comma 7 dell'art. 36 del codice e in attuazione
della stessa - disponeva che i consorzi stabili avrebbero conseguito la
qualificazione a seguito di verifica dell'effettiva sussistenza i capo alle
singole consorziate dei corrispondenti requisiti.
Inoltre, l'art. 277, comma
3, riferendosi ai soli consorzi stabili per servizi e forniture,
prevedeva che, per la partecipazione del consorzio alle
gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi posseduti dai
singoli consorziati relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi
d'opera, nonché all'organico medio annuo, andassero senz’altro sommati; laddove
i restanti requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi andavano
sommati con esclusivo riferimento ai consorziati esecutori.
Nel riassunto quadro normativo,
in dottrina era stato evidenziato come sembrasse delinearsi per i consorzi
stabili di lavori, da un lato, e per quelli di servizi e forniture, dall'altro,
un distinto sistema di qualificazione e di dimostrazione del possesso
dei requisiti per la partecipazione alle gare: a) i primi, come
chiarito, potevano cumulare i requisiti posseduti dalle singole imprese consorziate, ancorché
non indicate come esecutrici dei lavori; b) i secondi avrebbero
potuto cumulare i soli requisiti posseduti dai consorziati relativi alla
disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio
annuo, non anche i restanti requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi, i quali potevano essere sommati a quelli delle sole
imprese consorziate indicate come esecutrici.
5.3 - Si trattava, con ogni
evidenza, di un quadro normativo frammentato e non del tutto perspicuo: non a
caso la successiva (e consolidata) elaborazione giurisprudenziale ne ha fornito
una lettura dichiaratamente “estensiva” (ovvero più propriamente
“generalizzante”), ritenendo, in definitiva, applicabile il criterio del c.d. “cumulo
alla rinfusa” non solo ai consorzi stabili operanti nel settore dei lavori,
quanto anche a quelli operanti nei servizi e nelle forniture (cfr. Cons. Stato,
Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2563, seguita, inter alia, da Id..,
Sez. III, 25 febbraio 2014, n. 895 e, ancora da ultimo, da Id., Sez. V, 23
febbraio 2017, n. 849).
Siffatta lettura muoveva dalla
natura del consorzio stabile, quale “impresa operativa che
fa leva sulla causa mutualistica e realizza, nella sostanza, una particolare
forma di avvalimento che poggia direttamente sul patto consortile e sulla causa
mutualistica” (cfr. Cons. Stato, n. 2563/2913 cit.): proprio per questa sua
natura, il consorzio stabile avrebbe potuto avvalersi di
qualsiasi contributo (in termini di requisito) dei consorziati, senza dover ricorrere
allo strumento dell'avvalimento, potendo comunque, in alternativa, qualificarsi
con requisiti posseduti in proprio e direttamente.
5.4.- Il d. lgs. 18 aprile 2016,
n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, nel
delineare i tratti distintivi dei consorzi stabili, riproduce solo in parte la
disciplina previgente.
In particolare, l'art. 45,
dedicato agli operatori economici, definisce consorzi stabili quelli costituiti
anche in forma di società consortili ai sensi dell'art. 2615 ter c.c.,
tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società
cooperative di produzione e lavoro, “formati da non meno di tre consorziati
che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano
stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque
anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa” (comma 2,
lett. c).
Inoltre, l’art. 47, comma 1
dispone che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l'ammissione alle
procedure di affidamento (dei consorzi stabili, come anche dei consorzi di
cooperative di cui all’art. 45, comma 2 lett. b) debbano essere posseduti e
comprovati con le modalità previste dal codice, “salvo che per quelli
relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché
all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle
singole imprese consorziate”.
Il comma 2, nella sua originaria
formulazione, introduceva, peraltro, per i soli consorzi stabili, una deroga
alla statuizione contenuta nel comma 1, operante per i primi cinque
anni dalla costituzione: periodo nel quale gli stessi avrebbero potuto, ai
fini della partecipazione alla gara, cumulare i requisiti economico-finanziari
e tecnico-organizzativi posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici.
Sembrava, per tal via,
superato, a regime, il criterio del c.d. cumulo alla rinfusa: i
soli requisiti posseduti dalle imprese consorziate suscettibili di
valorizzazione cumulativa in capo al consorzio erano, infatti, quelli
relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera ed
all'organico medio annuo. La deroga introdotta dal comma 2 dell'art. 47 per i
primi cinque anni di costituzione dei consorzi stabili, avrebbe, invece,
consentito di cumulare tutti i requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi, posseduti, però, dalle sole imprese consorziate
indicate come esecutrici.
5.5.- Sennonché, l’apparente
linearità della nuova disciplina (già prospetticamente condizionata dalla
riscrittura del comma 2 dell’art. 47, che sarebbe stata operata, nei sensi di
cui subito si dirà, dal correttivo approvato con d. lgs. n. 56/2017, entrato in
vigore il 20 maggio 2017) era, in certa misura, turbata dal regime transitorio
scolpito all’art. 83, comma 2 del Codice, il quale, nel
disciplinare i criteri di selezione, disponeva (nella formulazione antecedente
alla sua correzione) che “per i lavori, con linee guida dell'ANAC” (da
adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore del Codice) sarebbero
stati disciplinati “i requisiti e le capacità che [dovevano] essere
posseduti dal concorrente, anche in riferimento ai consorzi di cui all'articolo
45, lettere b) e c)”, statuendo,
in prospettiva intertemporale che, fino all'adozione delle ridette Linee guida,
avrebbe trovato applicazione l'art. 216, comma 14, il quale, a sua volta,
statuiva che avrebbero continuato ad applicarsi, sia pure con un (non
perspicuo) limite della compatibilità, le disposizioni di cui alla Parte II,
Titolo III del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, sopra richiamate.
(…) 5.8.1.- Sul
piano testuale, non può, anzitutto, essere trascurato il dato che l'art. 83,
comma 2, riferisce espressamente le linee guida dell'ANAC ai
soli “lavori”: a fronte di ciò, la circostanza che il successivo periodo
non replicherebbe siffatta indicazione limitativa appare non rilevante, sia
perché si tratterebbe di indicazione obiettivamente superflua, in quanto
desumibile dall’immediato co-testo sintattico prima ancora che dal contesto,
sia perché – soprattutto – l’inciso conclusivo richiama pur sempre le Linee
guida di cui al primo periodo, riferite, appunto, ai soli lavori.
Ne discende che il rinvio della piena operatività dell'art. 47
all'adozione delle linee guida riguarda i soli consorzi stabili di
lavori, non quelli di servizi (o di forniture).