Con una recentissima sentenza, la Cassazione,SS.UU., 29.05.2017, n. 13454, mette un punto su una
questione da tempo dibattuta.
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Nei fatti, accadeva che una società ricorreva al Tar
impugnando l'atto di annullamento dell’aggiudicazione di un servizio del quale
era divenuta aggiudicataria in RTI con altra impresa.
Il Collegio giudicante in primo grado, da un
lato, respingeva il ricorso sulla scorta del fatto che il potere di autotutela era
stato legittimamente esercitato a causa della sopravvenuta mancanza di
copertura finanziaria del contratto posto a gara, da altro lato, accoglieva la
domanda di risarcimento del danno.
A tale riguardo, il Tar ritenendo colpevole il Comune
di violazione del principio di buona fede per aver indetto una gara
dall'incerta copertura di spesa, portato a fine l'affidamento del contratto e
per aver addirittura autorizzato l'aggiudicataria ad anticiparne l'esecuzione,
condannava il Comune al ristoro del pregiudizio pari al 75% della fornitura
certificata dall'amministrazione nel primo stato di avanzamento.
Il Comune e la società ricorrente proponevano separati
appelli; per quel che qui rileva, il primo contestava la condanna risarcitoria
e, in subordine, la giurisdizione amministrativa.
Il Consiglio di Stato respingeva l’appello
osservando come la responsabilità fatta valere dall’appellante si collocasse, a
pieno titolo, nella giurisdizione
esclusiva amministrativa inclusiva delle controversie risarcitorie. In
particolare, ad avviso del Collegio, la società aveva chiesto il ristoro delle
spese sostenute per le prestazioni fornite in virtù dell'esecuzione anticipata,
in vista della stipula del contratto, poi non avvenuta. Quindi, la società
aveva azionato una pretesa non
conseguente al mancato pagamento del corrispettivo, ma derivante dalla violazione del canone di buona fede da parte della PA.
Così, il Comune ricorreva per Cassazione
lamentando che la domanda risarcitoria rientrava nella giurisdizione del
giudice ordinario atteso che l'esecuzione d'urgenza del contratto era priva
d'impegno di spesa, poiché mancante di copertura la gara, il che comportava
l'esistenza di un'obbligazione contrattuale.
Con la pronuncia in rassegna, la Suprema Corte a
Sezioni unite rigetta il ricorso osservando, in primo luogo, che, secondo vasto
orientamento delle Sezioni unite in materia di appalti pubblici, la normativa processuale di settore ha attribuito
esclusivamente al giudice amministrativo il contenzioso sulla procedura di
affidamento dell'appalto,
restando devolute al giudice civile le controversie aventi ad oggetto il contratto
e la sua esecuzione, dato che esse ineriscono a diritti e obblighi scaturenti
dal contratto stesso.
Il caso sottoposto alla Cassazione è connotato
proprio dal rilievo che, successivamente
all'aggiudicazione della gara, non si è mai giunti alla stipulazione del
contratto; dopo l'aggiudicazione - e su esclusivo impulso del Comune - si è
aperta, infatti, una fase interlocutoria volta ad anticipare alcune prestazioni
afferenti all'oggetto dell'instaurando rapporto d'appalto, in realtà mai più instaurato per carenza di copertura
finanziaria. Pertanto, mancando il
contratto d'appalto, perché
mai stipulato, si è rimasti nella fase di quel procedimento ad evidenza
pubblica connotato da una mera aggiudicazione seguita da annullamento in
autotutela.
Devono ritenersi, pertanto, comprese nella
giurisdizione amministrativa anche le liti concernenti il risarcimento del
danno da responsabilità dell'amministrazione per il mancato rispetto delle
norme di correttezza.
Sussiste, in particolare, la responsabilità del
soggetto pubblico quando la PA, dopo avere indetto una gara di appalto e pronunciato
l'aggiudicazione, ne disponga la revoca per carenza delle risorse finanziarie
occorrenti. In tale ipotesi, infatti, la responsabilità si ravvisa nella mancanza
di vigilanza e coordinamento sugli impegni economici che l'amministrazione
aveva assunto quando la procedura era stata avviata, emettendo atti sulla cui
legittimità aveva confidato il soggetto aggiudicatario, in special modo se
proceda ad esecuzione anticipata.
Il legislatore del 2000 così come quello del
c.p.a. (art. 133) prevedono la cognizione, da parte del giudice amministrativo,
sia delle controversie relative a interessi legittimi della fase pubblicistica
sia delle controversie di carattere risarcitorio originate dalla caducazione di
provvedimenti della fase pubblicistica, ossia le pretese di sostanziale
responsabilità precontrattuale.
In linea con la statuizione del Consiglio di
Stato, la Cassazione ribadisce, dunque, che l'annullamento in autotutela
dell'aggiudicazione può produrre responsabilità della PA per i danni che
l'impresa provi di aver subito per aver fatto affidamento sull'aggiudicazione
nell'anticipare, rispetto al contratto non ancora stipulato, l'esecuzione del
servizio richiesto dalla stessa amministrazione.
Il che, ad avviso delle Sezioni unite, non
comporta e non realizza affatto alcun corrispettivo esigibile di una
prestazione resa; infatti, quando il ristoro è concretamente fondato sulla
lesione dell'affidamento ingenerato nell'impresa appaltatrice da un atto rivelatosi illegittimo e annullato in
autotutela, ci si duole del pregiudizio
derivante dall'illegittimo esercizio di un potere amministrativo solo
apparentemente favorevole al privato ma che ridonda alla fine in senso sfavorevole
ad esso.
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