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COSTI DEL PERSONALE, ATTO TERZO: L’ULTIMA INTERPRETAZIONE. di Alessandro Vetrano

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da NordEstAppalti
Con la sentenza n. 32 del 12 Gennaio 2015, la Quinta sezione del Consiglio di Stato torna sulla vexata quaestio afferente l’applicabilità (rectius, #applicazione) della norma sul costo del personale.
I fatti agitati nella sentenza in commento muovo dalla prima versione della sfortunata previsione normativa di cui all’art. 81, comma 3-bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, introdotta per effetto dell’art. 4, comma 2, lett. i-bis) del D.L. 13 maggio 2011 n. 70 e susseguentemente abrogata per effetto dell’art.44, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 (norma, attualmente, riprodotta nell’art. 82, comma 3-bis del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163) e si incentrano sull’asserita violazione, da parte delle imprese concorrenti alla procedura, dell’obbligo di indicazione del ribasso al netto delle spese di cui all’anzidetta previsione (spese relative al costo del personale).
L’appellante contesta alla Stazione Appaltante la mancata corretta applicazione della disposizione in sede di valutazione dell’offerta economica, per non aver escluso dalla gara i concorrenti che avevano omesso tale deduzione.
A tal riguardo il massimo consesso della giustizia amministrativa, muovendo dalla sentenza di primo grado (TAR Puglia, Lecce, Sez. III, n. 150 del 25/01/2012), ha osservato che
Qualora si prediliga, come ritiene opportuno il Collegio, una lettura sostanziale della norma, la stessa deve considerarsi meramente impositiva dell’obbligo, per le stazioni appaltanti, di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera. Conseguentemente il ribasso offerto può essere giustificato, in fase di verifica dell’anomalia dell’offerta, da una organizzazione imprenditoriale più efficiente e dall’impiego di attrezzature che rendano il lavoro della manodopera più produttivo ma tutelando al contempo il costo del personale
Il Collegio di Palazzo Spada evidenzia come l’interpretazione del giudice di prima istanza è identica nella sostanza a quella fornita dall’AVCP nel proprio Documento di Consultazione “Prime indicazioni: tassatività delle clausole di esclusione e costo del lavoro”, e ribadisce che tale indirizzo è persuasivo e condivisibile. Inoltre, osserva come la novella introduttiva della disposizione sul costo del personale non abbia modificato la disciplina contenuta nell’art. 87, comma 4, del D.Lgs. 163 del 2006, la quale, solo con riferimento ai costi relativi alla sicurezza, espressamente dispone che gli stessi “devono essere specificamente indicati nell’offerta”.
L’assenza di una consimile previsione di tal tipo anche con riferimento ai costi del lavoro è circostanza che non può essere pretermessa nello scrutinio di legittimità degli atti impugnati, posto che “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” e che nella specie il legislatore ha – per l’appunto – taciuto.
Pertanto, ad avviso di chi scrive, dalla sentenza in commento si possono ricavare i seguenti indirizzi operativi:
  • la normativa in questione NON impone l’indicazione separata, nel bando di gara, dei costi afferenti il personale;
  • la Stazione Appaltante, invero, può prevedere che tali costi siano indicati dal concorrente nella propria offerta economica;
  • il controllo può essere svolto durante il sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
  • in tale fase la Stazione Appaltante valuta che l’offerta presentata non nasconda eventuali ribassi sui costi del personale, i cui parametri di riferimento sono “i minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.